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Il codice rosso viene in aiuto delle vittime del reato di maltrattamenti in famiglia ad opera di conviventi tossicodipendenti

Mentre le notizie su contagi, vaccinazioni e green pass catturano la nostra attenzione, alcune, troppe famiglie continuano a combattere la loro battaglia quotidiana contro la droga, che si è impadronita dell’esistenza di un loro caro, fino a trasformarla nella costante ricerca di denaro per procurarsi la sostanza.
Sono genitori distrutti da vessazioni quotidiane e sottoposti a maltrattamenti, violenze fisiche e ricatti , quelli che, disperati, si rivolgono ad un avvocato per cercare aiuto. Questo accade, spesso, dopo aver verificato i limiti di un sistema socio sanitario che funziona solo se il tossicodipendente maggiorenne presta il consenso alle cure proposte e se affronta fino in fondo il percorso comunitario di disintossicazione e riabilitazione. Si arriva così a sporgere denuncia / querela contro il proprio figlio tossicodipendente per i reati che sta commettendo o ha commesso e a sperare che l’esperienza carceraria che egli affronterà, prevista in questi casi anche a titolo di misura a cautelare, lo aiuti a prendere finalmente la decisione di curarsi.
La legge 69/2019, comunemente detta codice rosso, è un nuovo strumento in grado di aiutare questi genitori, in quanto prevede che vengano adottati celermente provvedimenti di protezione delle vittime anche per il reato di maltrattamenti in famiglia ( oltre che per lo stalking o violenza sessuale ). Ovviamente nella flagranza del reato si procede all’arresto, negli altri casi la polizia giudiziaria, una volta acquisita la notizia di reato e ricevuta la denuncia, deve riferire immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale e il pubblico ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, monitorando così la situazione, tramite la P.G.
La parte offesa , anche tramite l’avvocato, può chiedere l’applicazione delle misure cautelari previste, tra le quali c’è l’allontanamento dalla casa familiare del tossicodipendente violento e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la cui osservanza viene monitorata anche applicandogli dispositivi , quali il braccialetto elettronico. La violazione di tale misura costituisce un autonomo reato, che prevede la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni in carcere.
Per il reato di maltrattamenti in famiglia è prevista la pena della reclusione da un minimo di 3 a un massimo di 7 anni e si può presentare denuncia querela nel termine di 12 mesi dai fatti. La reclusione in carcere in esecuzione della pena definitiva , ma anche l’arresto in sede di misura cautelare, possono essere tramutati in arresti domiciliari in un luogo di cura, nello specifico una comunità dalla quale il tossicodipendente non potrà allontanarsi per la durata della pena.

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